Divinazione liturgica in Mesopotamia

Da quanto rivelatoci dalle tavolette, in Mesopotamia la Divinazione era liturgica, caratterizzata da riti precisi  tramandati nei secoli fino ai giorni nostri.

Liturgia e rivelazione in Mesopotamia

Le tavolette cuneiformi hanno dimostrato che gli antichi abitanti della Mesopotamia oltre ad essere osservatori razionali della natura e dei suoi segni ed eccellenti archivisti di notizie storiche, erano anche grandi interpreti di tali fenomeni. La scorsa settimana abbiamo visto come la Mesopotamia sia stata la culla della Divinazione in Occidente; questa settimana scopriremo le complesse liturgie e le tecniche divinatorie utilizzate in Mesopotamia e di come la moderna divinazione ne sia ancora influenzata.

Divinazione liturgica in Mesopotamia

 le tavolette cuneiformi  ci hanno trasmesso molte informazioni circa le capacità degli antichi popoli mesopotamici di interpretare come presagi i segni casuali della natura; ci hanno anche rivelato il tipo di riti praticati per ottenere dei segni rivelatori del futuro: la divinazione liturgica.

bārû e šā’ilu

divinazione liturgica MesopotamiaIn quasi tutte le civiltà del passato la divinazione, come tutte le funzioni religiose, è appannaggio di una casta sacerdotale specializzata; In Mesopotamia, invece, la divinazione era prerogativa di alti funzionari stali, riuniti in delle specie di corporazioni molto esclusive, nelle quali erano ammessi solo i cittadini nobili.

La divinazione era pi affidata a due figure ai bārû o esaminatori e ai šā’ilu o consulenti; entrambi coadiuvati da  un gran numero di servitori che si occupavano di documenti secondari.

I Bārû  erano gli indovini per eccellenza, grandi specialisti della divinazione deduttiva e colta. Il loro nome accadico, significa“esaminatore”, senza nulla di comune con la veggenza vera propria o la divinazione di tipo estatico. Si suppone che il ruolo di bārû fosse riservato solo agli uomini di origine nobile che godevano di perfetta integrità fisica. Si occupavano specialmente della apatoscopia, l’arte di trarre presagi dal fegato di un animale sacrificale noto come bārûtu.

Dell’ordine dei šā’ilu, invece, potevano fare parte anche le donne; anzi, l’uso frequente del femminile nei documenti ritrovati dagi archeologi fa supporre che quella di šā’ilu fosse una vocazione sopratutto femminile e forse per questo di minore prestigio rispetto a quella dei bārû. Inoltre, si tratta di una figura molto più antica della quale si ha notizia già dal II secolo a. C. Originariamente rientrava nella sfera della divinazione ispirata ma con il tempo si è avvicinato sempre più alla figura dei bārû; il termine šā’ilu, infatti, “colui che interroga”, “consulta” o “indaga”: allusione, senza dubbio, al lavoro di riflessione sui presagi, forse, più precisamente, su quelli che erano tratti dai sogni.

La liturgia divinatoria

Sono giunti fino a noi numerosi “manuali” che descrivono nel dettaglio lo svolgimento delle cerimonie divinatorie officiate in Mesopotamia soprattutto dai bārû e alle quali parteipavano anche i šā’ilu.

Non solo templi e santuari

I riti si svolgevano solitamente nei santuari delle divinità principali, ma non era insolito che gli indovini praticassero anche nel palazzo reale o nelle zone destinate ai sacrifici che venivano fatti in occasione di guerre o spedizioni militari.

La Divinazione era, infatti, un affare di Stato più che cultuale, per questo a praticarla erano gli alti funzionari statali e non i sacerdoti. Anche se certi episodi dell’esame divinatorio potevano coincidere con momenti della liturgia ufficiale e svolgersi, quindi, nei santuari, capitava spesso agli indovini di officiare altrove, per esempio a palazzo. In effetti, era soprattutto là il loro punto d’appoggio: erano al servizio del re, che seguivano anche nei suoi spostamenti, e soprattutto nelle spedizioni militari.

La liturgia divinatoria vera e propria

La mattina presto, prima del sorgere del sole, l’indovino si bagnava con acqua benedetta, si spargeva di un olio speciale e si vestiva di bianco. Poi masticava un ramoscello di cedro, metteva al collo una collana di pietre infilate su una cordicella di lana rossa  e bruciava dello zolfo.

A questo punto il bārû iniziava la cerimonia di divinazione rivolgendosi prima agli dei oracoli, Šamaš (Dio del Sole) e al suo assistente Adad (Dio delle tempeste); attraverso preghiere e benedizioni, chiedeva loro di “scrivere” il loro messaggio sulle viscere dell’animale sacrificale.

Durante il periodo sumero, le previsioni offerte dalla cerimonia di divinazione erano in forma di risposte binarie, sì o no. Nel tardo periodo assiro, il metodo si è evoluto per prevedere eventi specifici, che a loro volta erano considerati favorevoli o sfavorevoli. I totali degli eventi favorevoli e sfavorevoli erano conteggiati per generare un verdetto positivo o negativo.

Manuali e modelli storici

Fegato bronzeo di Piacenza. Anche se fenicio questo modello è molto simile a quelli ritrovati presso Mari

Nelle tavolette sono state trovate istruzioni precise per svolgere tantissimi tipi di riti divinatori, ma il più importante era come abbiamo visto extispicina, in particolare apatoscopia.  L’extispicina consiste nell’analisi delle viscere degli animali domestici  (polli, capre, pecore e, più raramente, buoi)  immolati agli dei. Per capire fino a che punto divenne importante questa pratica, basta dire che, su un centinaio di trattati di divinazione scoperti dagli archeologi, più di settanta sono dedicati alla extispicina. 

A queste opere bisogna aggiungere numerose testimonianze di autopsie, comunicazioni dei bārû e riproduzioni in terracotta di organi interni; in questo senso è particolarmente importante l’archivio trovato vicino alla città di Mari, a pochi chilometri a sud di Dura-Europos: si tratta di più di 30 modelli di fegato di animali, datati 1900 a. C., e di un incredibile numero di analisi di questi organi.

In pratica, i segni osservati durante i sacrifici rituali erano comprati con questi modelli che a loro volta corrispondevano ad avvenimenti realmente accaduti e da questo si otteneva il presagio per il futuro. Ad esempio in un fegato si legge:

Quando il mio paese si sollevò contro Ibbi-Sin  (governatore di Mari tra il 2037 e il 2003 avanti Cristo) questo (il fegato) era girato così “.

Un metodo scentifico…

Lo studio dei fegati di Mari ha portato alla luce il fatto che, per i popoli della Mesopotamia, se i segni apparivano un determinato numero di volte in connessione con un certo tipo di avvenimento assumevano valore di esempio e diventavano dei presagi per avvenimenti futuri analoghi. Questa credenza molto razionale non veniva applicata solo alla extispicina e alla epatoscopia, ma anche a qualsiasi forma di “divinazione deduttiva”.

In pratica la maggior parte dei presagi erano frutto di scrupolose osservazioni e annotazioni dei fenomeni e dei loro effetti reali o presunti. In qesto senso gli indovini erano molto lontani dai “veggenti” poiché essi non vaticinavano per mezzo dell’invasione divina ma studiavano i segni codificati attraverso secoli di osservazione sul campo.

Gli indovini che si dedicavano a queste arti, quindi erano molti colti e dovevano sottoporsi a lungo apprendistato per acquisire le ecniche e le conoscenz necessarie.

… non sempre attendibile

Verrebbe da pensare che ciò assicurasse grande obiettività agli oracoli ma ciò non era sempre vero. I bārû e i šā’ilu erano in ogni caso persone e come tali avevano le proprie preferenze, convizioni e, soprattutto, i propri interessi. Si trattava sempre di persone nobili, che avevano interessi diretti nell’andamento degli afari di stato, che tenevano a favorire questo o quel funzionario, questa o quella legge, una o l’altra impresa. Per questo le divinazioni non erano universalmente attendibili e ci sono prove che Sennacherib separasse i baru bārû in gruppi per evitare collusioni in situazioni che richiedevano rapporti affidabili su questioni importanti.

I messaggi degli Dei

divinazione liturgica Mesopotamia
Stele di Kudurru re di Melishipak tra le divinità Sîn, Shamash e Ishtar. – Fonte: Wikipedia

Anche se le era riservato un ruolo più marginale tra le varie liturgie divinatorie della Mesopotamia era compreso anche quello irrazionale e induttivo, raggiunto per mezzo dell’estasi mistica.

Numerosi testi cuneiformi citano diversi tipi di estasi profetiche; la rivelazione avveniva soprattutto durante i riti religiosi in onore di una divinità.

I veggenti: mahhu o apilu

Anche questo tipo di divinazione era affidato a una casta particolare, anche se di importanza molto inferiore a quella dei šā’ilu e dei bārû. questi messaggeri, potevano essere sia uomini sia donne, erano chiamati muhhu  (statico) o apilu  (inviato). Sebbene fossero poco considerati presso la cultura mesopotamica o forse proprio per questo, i mahhu impressionarono molto i popoli che vennero in contatto con la cultura mesopotamica, in particolare il popolo ebraico. Alcuni storici ritengono infatti che il fenomeno del profetismo giudaico-cristiano trovi origine proprio nei mahhu, i profeti mesopotamici come, d’altronde, gran parte della religione ebraica.

La liturgia dell’estasi

Raggiunta l’estasi profetica, il mahhu cominciava a parlare come se fosse il dio in persona e confidava al šā’ilu una serie di idee destinate, ad esempio, a evitare un disastro.

Questa particolare forma di premonizione del futuro era caratteristica di Mari (1830-1870 a. C.), ma altre forme di divinazione, ispirate o in relazione a pratiche religiose, erano diffuse in tutta la Mesopotamia. Tra le principali c’è l’ oniromanzia, o interpretazione dei sogni, la negromanzia, o evocazione degli spiriti dei morti, la cleromanzia, che consiste nel lanciare strumenti rituali come ossi o dadi ed effettuare la lettura della posizione in cui cadevano, e altri sistemi ancora. Tutti questi, senza eccezioni, ebbero una grande diffusione anche in Occidente e sono arrivati quasi invariati fino ai nostri giorni.

Sacerdoti mesopotamici e contadini europei

Le tavolette cuneiformi hanno portato alla luce diverse tecniche divinatorie giunte, quasi senza nessuna variazione, alla cultura contadina europea degli inizi del ventesimo secolo.

Un esempio può essere la Lecanomanzia che consisteva nel lasciare cadere una goccia d’olio in un bicchiere d’acqua; l’olio formava delle figure che venivano interpretate come un oracolo:

“ se dal centro della goccia si staccano due punti, uno più grande dell’altro, la sposa dell’interessato darà alla luce un figlio maschio “.

La tecnica ricorda senza dubbio quella usata ancora oggi per identificare il malocchio, nella quale “i due punti” rappresentano gli orecchini e indicano, quindi, che il maleficio è stato operato da una donna.

Sopravvisse anche la Aleuromanzia,  basata sui disegni formati dalla farina versata sopra una superficie d’acqua:

“Se la farina si muove verso la direzione dell’ Oriente, uno spirito si è impossessato dell’interessato”.

Ancora oggi, in diverse parti d’Italia è in uso specialmente come divinazione legata ai riti del Solstizio d’Estate.

La Libanomanzia, per citare un’altra tecnica, consisteva nello studio delle forme che assumeva il fumo uscendo dall’ incensiere:

“se la parte alta del fumo si raccoglie a forma di bolla è la parte inferiore resta libera, l’interessato sarà colto da una disgrazia “.

Oggi questa tecnica è sicuramente meno conosciuta e utilizzata a causa di sempre minore presenza di camini e fuochi ma in qualche modo essa si è conservata nella partiolare attenzione posta dai contadini al fumo prodotto dal rogo della Giubiana, a fine gennaio.

Dalla divinazione liturgica all’Astrologia

Esiste una tecnica divinatoria di tipo deduttivo, nata in Mesopotamia che non solo si è mantenuta fino ai giorni nostri ma si è addirittura trasformata ed evoluta fino a portarci oltre i confini della Terra; si tratta dell’Astrolgia, dalla quale, nel XVII secolo, è nata la moderna astronomia.

La divinazione liturgica e il metodo d’indagine deduttivo, in effetti, non potevano che dare vita al sistema divinatorio più complesso e affascinante della storia: l’Astrologia, nata proprio in Mesopotamia e poi diffusasi in tutto l’Occidente grazie agli Egizi e i Greci prima e il popolo Romano poi.

Vale la pena approfondire il rapporto degli antichi popoli mesopotamici con il cielo in un articolo a parte perché proprio dalle loro osservazioni nascerà lo Zodiaco e tutto quanto ancora oggi sappiamo sulla previsione del futuro attraverso gli astri, perciò nec spe, nec metu fino alla settimana prossima con Alle origini dell’Astrologia!

Irene Angelini
(Bimbasperduta)

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