Per l'8 Marzo: La mia Ofelia

StellaOfeliaL’8 marzo, ormai si sa, non ha nulla a che vedere con la festa della donna come la intendiamo noi. Non è una giornata commemorativa perché la ditta “Cotton” non è mai esistita e nessuna operaia è morta in questo giorno in una qualche fabbrica. Neppure è una festa puramente commerciale e l’unica giustificazione per il clima di grottesco carnevale femminino durante il quale orde di femmine vanno a caccia di spogliarelli e fingono emancipazione è, appunto, che siamo vicini a carnevale.

L’8 Marzo nasce come festa comunista e, a rigor di logica e di coerenza, avrebbe senso solo se celebrato da donne comuniste ma “vox populi, vox dei” e questa data si è trasformata in un giorno in cui, volenti o nolenti, il femminile si manifesta, esplode e si impone all’attenzione con tutte le sue sfaccettature dalle più grottesche alle più nobili, dalle più dolorose alle più luminose. Così, poiché ignorare questo giorno è inutile come pettinare n asino ho deciso di renderlo in qualche modo utile, almeno per me e, almeno spero, per chi mi legge.
Quest’anno i temi che l’8 marzo solleva nel mio cuore sono due, il primo lo affronto pubblicando questo articolo di “Letteralmente Felice“.
Come potete leggere si tratta di un bellissimo e struggente monologo di Ofelia tratto da Hamlet Machine. Ho scelto questo monologo perché, a mio parere, ben rappresenta una grossa fetta del mondo femminile di oggi. Il dolore, l’alienazione di molte donne uccise da modelli femminili stritolanti, vittime di modelli maschili misogini, anaffettivi o narcisisti. Donne e uomini schiacciati da ingranaggi impersonali, invisibili e inesorabili.
Ho scelto la carta della Stella per rappresenta il monologo perché è dall’attraversamento di questo dolore che può nascere speranza e rinascita.
In ciascuna di noi c’è un’Ofelia con la corda al collo o la testa nel forno al gas, un Ofelia che il fiume non può trattenere. Solo seguendo il destino di Ofelia fino in fondo, inabissandoci nelle acque e uscendo vestite solo del nostro sangue potremo strapparci l’orologio dal petto e guadagnare un cuore, liberarci della sedia e vivere come donne e uomini liberi.

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